Outside The Wall (pt. 2)
Is there anybody out there?
E se il muro non fosse caduto?
Anni fa ero totalmente ossessionata dai Pink Floyd, cosa che non mi è per niente passata, forse solo è meno malata, e avrò visto The Wall un sacco di volte, almeno una volta a settimana, per un periodo ogni giorno; quel film riempiva le mie crisi, dava voce alle mie ansie. Come Pink, mi sentivo rinchiusa all’interno di un muro, da me costruito, dove non c’era comunicazione tra l’esterno e l’interno, le mie emozioni non riuscivano ad accendersi del tutto e nulla riusciva ad emozionarmi sul serio. Ai tempi, almeno, credevo che fosse nulla, ora guardo a quel periodo ed erano molte di più le cose che, in fondo, mi tenevano in vita: sebbene mi ritenessi alienata, rubando il termine da Estranged dei Guns n’ Roses, canzone anche lei abusata in quel periodo, guardando ora a quel periodo, non era tutto così nero come lo vedevo. Una cosa che me ne da conferma, è il fatto che trovassi termini di paragone della mia situazione in libri, poesie e canzoni, cosa che adesso non avviene molto spesso; al più, i miei termini di paragone sono i miei coetanei, ho la fortuna che spesso molti amici si confidano con me, e vedo un terreno di ansie e paure comuni, come se la nostra generazione sia stata creata con un set predefinito di problemi che, in ognuno presente con una propria diversità, rovinino costantemente quella leggerezza che invece tutti cercano. Il fatto che un individuo potesse provare all’incirca ciò che provavo io ai tempi mi sembrava una cosa straordinaria, e avevo fatto di quel film una sorta di modello; se fossi riuscita ad andare al di là del muro, forse avrei evitato di sentirmi “piacevolmente intorpidita”, con “una estrema voglia di volare, ma nessun posto per farlo”. Vita o voglia, mi sono impegnata sul serio, e confrontandomi ora rispetto a quei tempi, nonostante problemi-paure-ansie-angosce-tuttecosepocopiacevoli siano notevolmente aumentate, ho uno spirito e una consapevolezza diversi nell’affrontarli, meno passiva, più impegnata nel risolverli.
Però il riflettere su film, canzoni e poesie non mi è passato del tutto, e una domanda resta: come è caduto il muro?
Nel film non viene spiegato affatto, c’è una bellissima canzone su un giudice che condanna il povero Pink ad abbattere il muro, dato che è troppo orrido e schifoso per come si è comportato, per come con la sua insofferenza abbia fatto soffrire coloro cui stava a cuore, e si conclude con una riflessione sul fatto che, bene o male, chiunque o ha un muro o è costretto a sbattere testa e cuore contro il “fottuto muro di qualcun’altro”. Ascoltando un album che, inspiegabilmente, solo di recente sono riuscita ad apprezzare, The Final Cut, nella canzone che dà il titolo all’album Roger Waters dice “se ci sarò vi dirò cosa c’è dietro il muro”, e a quel punto si sente un suono di uno sparo. Rifiutando la modalità di analisi della letteratura del mio prof del liceo, senz’altro valida, ossia che un testo non rappresenta affatto ciò che l’autore vive, il contenuto è solo un espediente per la forma in cui viene detto, e considerato ciò che si dice sulla vita di Roger Waters, la maggior parte dei suoi testi sono altamente autobiografici; poi, che voglia partire da se stesso per dare forma a capolavori, cosa in cui comunque riesce, è un altra questione, a me interessa che ci sia del vero nei suoi testi, e non volendo discutere se ce ne sia o meno, lo postulo come tale. Per quanto io sia tonta, pensare che per abbattere il muro ci sia voluto il suicidio di Pink significherebbe fare come gli opossum dell’era glaciale, che di fronte a uno strano animaletto, ora non ricordo quale sia, che racconta una sua mirabolante avventura in cui ha rischiato la vita chiedono “e sei morto?”. Lo riconosco, Pink non è Waters: se Pink abbatte il muro con il suicidio, Waters può anche non averlo abbattuto perché “non ha mai trovato la forza per dare il taglio finale”, e quindi il suo muro è ancora là, bello alto e solido, imbattibile. Ecchissenefrega, sostanzialmente, se il muro di Waters è integro o meno, lui suona, è bravo, fa ancora album e concerti, tanto basta. Ma il mio è un bisogno di sapere, perché se l’unico modo di abbattere il muro fosse il suicidio, essendomi identificata così tanto, il mio muro sarebbe solo un po’ increpato, ma là. Alto o basso, con delle finestre che facciano passare l’aria o meno, ma ancora presente. Come come come come si fa ad abbattere il muro, evitando che poveracci sbattano se stessi contro il proprio muro e di far soffrire coloro che al proprietario di questo muro, in fondo, vogliono bene? Come si può smettere di essere piacevolmente intorpiditi, e prendere finalmente una boccata d’aria fresca al di fuori di questo muro?